Quando la superficie dell’acqua è appena sfiorata da un alito di vento, la luce è cristallina e i profumi degli ulivi invadono le albe e i tramonti sul lago di Como è forse allora che Petros ha sentito con più forza di appartenere a quella cerchia di intellettuali, poeti, letterati e artisti che nei secoli hanno abitato per alcuni momenti della loro vita le sponde del lago.
Il paesaggio naturale unito alla bellezza creata dall’uomo nelle sue ville e nei suoi edifici sacri celebrati da Stendhal, si è sempre proposto come un rifugio dalla vita mondana e affollata della vicina città di Milano: i saloni di Villa Passalacqua a Moltrasio animati dalle note di Vincenzo Bellini, Villa Margherita Ricordi a Torno dalle composizioni di Gioachino Rossini, spesso ospite della cantante lirica Giuditta Pasta nella sua vila di Blevio. Ma è soprattutto con Franz Listz che scelse Bellagio, quale suo luogo d’elezione, che Petros sente di avere un’affinità. All’ombra dei platani dello scenografico viale di Villa Melzi il musicista soleva leggere la Divina Commedia. Petros, amante della poesia di Saffo e dei poeti greci contemporanei come l’amico Elytis, ha scelto invece Ossuccio quale luogo d’elezione, uno dei borghi più antichi, riconosciuto nel mondo per il bel campanile della chiesa di Santa Maria Maddalena e le cappelle del Sacro Monte.
Qui l’artista ha immaginato di ripercorrere le note della musica del compositore romantico in un ciclo di opere dove – con le parole dello stesso Petros – ha voluto innalzare “le corde del pianoforte” anzi “l’anima del pianoforte che si innalza oltre la tela”. Questi rotoli, che hanno la preziosità di antichi manoscritti, dispiegano un turbinio di forme e di colori che appartengono allo spirito dionisiaco dell’artista. Libero da riferimenti poetici o dalle forme dei maestri (come ad esempio nella serie dedicata a De Chirico) Petros sembra raggiungere in tali lavori la libertà assoluta: nella musica, l’arte astratta per eccellenza come ricordava Kandinskij, Petros può esprimere i segni originari e archetipici del suo universo creativo, l’anabasi, appunto, raccontata da Senofonte. Quello che osserviamo nel dispiegarsi dei rotoli è un viaggio dell’artista nelle regioni recondite e primordiali dell’essere, fino all’origine stessa della vita. E’ l’abbraccio dell’uomo alla natura attraverso la ragione. Apice della ricerca esistenziale.
                                                                                                                                     

                                                                                                                                     Elena Di Raddo