PETROS “RADICI CELESTI” PALAZZO BROLETTO COMO 

Inaugurazione Broletto 05MAR16

Guarda il video dell’inaugurazione del 05.03.2016

Inaugurata il 5 Marzo 2016 presso il Palazzo Broletto di Como, l’esposizione Petros “Le Radici Celesti”, realizzata con il sostegno dell’ Assessorato alla Cultura di Como, sotto il patrocinio della Commissione Italiana dell’Unesco, e del Consolato Generale di Grecia, con più di ottanta opere, alcune delle quali mai mostrate prima d’ora al pubblico. Nella foto il giornalista Antonio Ferrari con l’Assessore alla Cultura del Comune di Como Luigi Cavadini introducono il Maestro Petros e le opere esposte.  La mostra rimarrà aperta fino al 30.03.2016 mar-dom 10-13 14-17.

…giacché noi siamo piante celesti e non terrestri, affondando le nostre radici della nostra testa proprio lassù da dove l’anima ha tratto la prima generazione, la parte divina tiene eretto l’interno nostro corpo …

                                                                               Timeo, Platone

Invito Petros Como Broletto 05MAR16

 

IL MONDO DI PETROS “RADICI CELESTI”

di Antonio Ferrari

Quando Petros mi ha chiesto un contributo critico per accompagnare le straordinarie immagini della sua nuova collezione “Radici celesti” mi sono subito irrigidito. L’onore di poter depositare qualche nota sulle opere di un grande pittore greco, fecondo e geniale, era come soffocato da un legittimo timore che mi raggelava: non sono un critico d’arte, per tutta la vita ho fatto altro. Sarei quindi stupidamente presuntuoso se pensassi di misurarmi con i più competenti studiosi delle opere di un grande pittore che è stato seguito da de Chirico, e ammirato da Elitis e Seferis, due premi Nobel.
Avendo un nugolo di difetti ma non essendo un megalomane, mi ritengo incapace di trasformarmi in quello che non sono: in questo caso, appunto, un critico d’arte. Allora l’artista greco ha cercato di sedurmi e convincermi con le poesie che accompagnano i suoi dipinti con puntiglio, perfetta sincronia, delicata profondità e qualche ammiccante suggerimento interpretativo. Anche in questo caso, mi è toccato ritrarmi. Mi spiace, non sono neppure un critico letterario. Non basta avere la passione, innervata nell’istinto, per poter valutare la grandezza o i limiti di una poesia coniugata con una tela di assoluto pregio.
Il problema è che non so dire di no, e poi in verità sì, esiste un sentiero che posso cercare con modestia di percorrere: quello di aver imparato e capito, negli anni, che la straordinaria arte di Petros e la sua capacità di penetrare i misteri della vita sono figli di un’invincibile ed ecumenica curiosità per la natura, per gli animali, per il creato, per la scienza, per la musica, per la tecnologia, per la bellezza, per il divino, e soprattutto per l’uomo, per la gente. È come se Petros, ogni volta che si affida ai suoi pennelli, piantasse delicatamente una flebo nelle paure, nei difetti e nei limiti di ciascuno, accarezzandoli con tolleranza, e magari cercando l’estrema pulsione dei pensieri più segreti. In breve, raccontando la propria vita e la vita degli altri. Di tutti gli altri.
In questo campo e in questo pozzo dove ognuno di noi si nutre, si disseta, si ferisce e si esalta nelle quotidiane battaglie per rendere meno gravoso quello che i pessimisti chiamano “il mestiere di vivere”, mi posso ritrovare. Da inviato speciale del “Corriere della Sera” che ha vissuto in giro per il mondo le grandezze, le sofferenze, gli eroismi ma soprattutto le miserie degli uomini, beh, sì, a Petros anch’io qualcosa posso dire e scrivere. Anche perché, tra le pieghe talentose del celebre pittore e del sensibile poeta si nasconde sempre il desiderio incontenibile di voler vedere e raccontare. Di esserci sempre. Regalando a chi guarda, a chi legge e a chi sa ascoltare emozioni davvero speciali.
Come tutti i giornalisti che credono ancora nel ruolo difficilmente sostituibile dell’onesto testimone, sono un convinto collezionista di emozioni. In questo quadro senza cornice mi ritrovo assai confortevolmente. Ho esultato con gioia quasi infantile per la splendida serie di lavori che Petros ha dedicato alcuni anni fa alle Cariatidi, immaginando la furia femminile di quelle splendide donne scolpite che improvvisamente si spogliano e assumono i colori, il profumo, le forme sinuose e il sapore inebriante della carne vera. E raccontando la loro rabbiosa protesta contro la prigionia della sorella e degli altri mutilati frammenti che furono sottratti (rapina culturale) da Lord Elgin, che sono in mostra al British Museum di Londra, e che gli inglesi non vogliono restituire al museo dell’Acropoli di Atene. Le Cariatidi si spogliano con la veemenza della sfida, e offrono all’ammirazione di chi le guarda i loro sessi vivi e palpitanti, esibendoli in una specie di protesta silenziosa. Quasi uno standing di muta ribellione, che terminerà quando la mutilazione verrà riparata.
Aver saputo coniugare il talento con la passione di appartenere a un popolo – quello greco – fiero e orgoglioso, e moltiplicandolo, attraverso le Cariatidi, per una grande storia culturale e politica, è uno dei tanti indubbi meriti della straordinaria produzione artistica di Petros Papavassiliou.
Ed è esaltante cercare in queste nuove opere, in queste “Radici celesti”, le tracce di un percorso che non conosce soste, né sterile compiacimento, ma si nutre di un continuo e naturale sviluppo artistico, rendendo possibile, come ha scritto Carlo Franza, “la comunione dei corpi e l’unione con il mondo”.
Quella “Storia di una goccia”, sia nel dipinto, sia nella poesia, ha un tratto di magica ed essenziale purezza, pur offrendo l’idea di quel mutevole destino che dobbiamo accettare come ineluttabile: intriso di gioia, di attese, di impeto, di delusioni, di malinconia e di sofferenza. Da giornalista, mi sono ovviamente soffermato sulle affascinanti “Macchine”, utilizzate “per scrivere il dolore degli uomini”. Cedendo alla tenerezza di chi osserva la loro mutazione, obbligata a seguire le leggi dell’inevitabile sviluppo tecnologico (la Lettera 22, i primi computer senza memoria, il PC, l’iPad e l’iPhone), accostandola però a quel dolore umano che è invece assolutamente immutabile. Nel “Profondo io” colpisce il dolce slalom tra idee e ricordi, nella caccia disperata a quello che gli americani, con infantile ingenuità, chiamano “il diritto alla felicità”.
Scelgo poi di galoppare oltre, verso “Infinite storie”, e poi navigando fra i tarli della mente nella “Memoria del vuoto”, cercando la luce nel “Pensiero asimmetrico” e nelle “Ombre del peccato”. E via ancora, per continuare a vibrare davanti alla moltitudine di disegni che sanno coniugare il tratto lieve con una profonda umanità e con una sensibilità senza tempo.
                                                                                                                                                      Antonio Ferrari
                                                                                                                                  Editorialista del Corriere della Sera

Petros e Antonio Ferrari a Ossuccio 2010

Petros con il giornalista Antonio Ferrari all’Hosipitalis di Ossuccio (Como) dove è conservato il dipinto <<Ta Panta Rei» – Ossuccio 2010

 

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Il Maestro Petros racconta in un video “Le Radici Celesti”   “Le Radici Celesti e le Muse” “Storia di una goccia”

MAESTRO PETROS "LE RADICI CELESTI"